Franco Marinoni, chi è e da dove viene il manager più apprezzato delle associazioni di categoria toscane
Franco Marinoni (nella foto) è partito da Poggibonsi ed è arrivato a Firenze dove da più di dieci anni è direttore della Confcommercio toscana e da sette dell’associazione fiorentina che veniva da un periodo molto travagliato. Dicono che sia il più importante manager delle associazioni di categoria toscane, ascoltato, rispettato, temuto e amato dai suoi collaboratori che per gli 80 anni della Confcommercio in Palazzo Vecchio alla fine della cerimonia lo hanno abbracciato e festeggiato con gratitudine.
“Sono nato a Poggibonsi – dice – da genitori non poggibonsesi (mio padre era un medico di Torino ed è morto quando avevo 11 anni e mia madre di Crema). Si sono conosciuti in Africa quando lei aveva 16 anni e lui 19. Tornati in Italia si sono sposati e hanno avuto quattro figli”.
– Ma perchè proprio Poggibonsi?
Mio padre era assistente in clinica medica del professore Izzard a Siena ma giocava bene a calcio e venne ingaggiato dal Poggibonsi in serie C e aprì l’ambulatorio in Valdelsa. Si sposarono e mia madre cercò sulla carta geografica questa città che non conosceva.
– E in Valdelsa comincia la carriera.
Sì, quella calcistica con la maglia a strisce giallorosse perchè ho giocato a calcio. Volevo fare il calciatore professionista. Andai a farmi le ossa a Rapolano in prima categoria. Capii che dovevo studiare. A 23 anni mi sono laureato in giurisprudenza all’università di Siena e a 24 anni ho chiuso con il calcio. Dissi basta e mi sono concentrato sul lavoro.
– I sogni da calciatore messi nel cassetto e iniziati quelli professionali.
Il primo lavoro è stato all’Api, l’associazione della piccola industria, come capo delegazione della Valdelsa. Dopo due anni sono stato nominato direttore del Centro sperimentale del mobile e ci sono stato dieci anni. Poi ho visto un annuncio su Repubblica: cercasi manager per importante associazione. Partecipai. Credevo che il bando fosse per un posto in Confindustria. Scoprii dopo che era Confcommercio Arezzo. Eravamo 90 candidati, alcuni sponsorizzati da politici. Ne conoscevo alcuni ma evitai di chiedere un sostegno perchè eravamo in piena bufera tangentopoli. La mia mossa vincente è stata partecipare alla selezione senza sponsor politici. Chi li aveva venne scartato.
– A 35 anni è arrivato ad Arezzo.
Lì sono stato residente fino a poco tempo fa. Da maggio risiedo a Firenze. Sono stati venti anni intensi e quella esperienza è stata la mia fortuna professionale e, penso, anche quella della Confcommercio aretina che con 9mila associati su 11 mila associabili ha il più alto indice di penetrazione in Italia.
– Dopo Arezzo l’arrivo a Firenze per la direzione regionale.
E da sette anni sono anche direttore della Confcommercio fiorentina. Ho esportato a Firenze il modello di Arezzo e in cinque anni si è quadruplicato il numero di soci. Qui ho avuto grandi soddisfazioni. Firenze è una città particolare. Lavorare qui dà soddisfazione. Dalle finestre dell’ufficio vedo la cupola del duomo. Mi sembra di essere in vacanza, scendi le scale e sei nella città più bella del mondo.
– Dopo Siena.
Sono due bellezze che ho apprezzato da piccolo e da adulto. La mia fortuna è stata che i miei nonni venivano da Milano. Non ti rendi conto, mi dicevano, che vivete nel posto più bello del mondo, le campagne del Chianti, le torri di San Gimignano. Vivere immersi nel bello ti forma culturalmente. Se nasci nella bellezza non sopporti le brutture.
– Che rapporto hai avuto con Siena nella sua gioventù?
Siena è straordinaria ma chi viene da una località a venti chilometri di distanza da Piazza del Campo è percepito come straniero. Mi sono sentito più aretino e ora fiorentino pur essendo nato a Poggibonsi. A Siena non so se avrei potuto fare le cose belle che ho fatto ad Arezzo.
– Come i mercatini di Natale nel centro della città?
E’ una città particolare, di una sconosciuta bellezza. Chi viene rimane meravigliato della sua bellezza. Arezzo per anni è stata narcotizzata dal successo del settore orafo che ha prodotto ricchezza facile e che ha dissuaso dall’investire in altro, ad esempio nel turismo.
– Ma Siena e Firenze hanno vocazioni turistiche da sempre.
Arezzo era ferma dal punto di vista turistico e anche del commercio. Quando in un negozio entrava la moglie dell’orafo con tanti soldi nella borsetta il commerciante aveva già fatto la giornata. Quando il settore orafo è entrato in crisi è entrata in crisi la città che da sempre era divisa in due: la parte alta turistica, la parte bassa vissuta dagli aretini.
– I mercatini natalizi l’hanno cambiata?
Piazza Grande, bellissima, era viva un solo fine settimana al mese con la mostra antiquaria. Poi i mercatini di Natale ci sono scoppiati in mano. Sono esplosi e questa vocazione di Arezzo come meta natalizia da dieci anni fa crescere la città. Da metà novembre non trovi posto a pranzo nei ristoranti nel fine settimana. Sono arrivati 75 pullman di visitatori al giorno.
E per Siena quale ricetta ha?
Non me la sento di dare consigli a Siena e ai senesi. Come l’oro ha narcotizzato Arezzo forse il Monte dei Paschi ha un po’ narcotizzato Siena. La vocazione turistica è stata ben coltivata ma da un punto di vista economico va fatto uno sforzo in più. Siena dovrebbe valorizzare i servizi, l’industria non è tipica di queste zone ma il primato è il commercio, il terziario, i servizi. Ci vuole più sinergia tra questi settori.
– Siena paga il deficit di infrastrutture. Arezzo ha avuto Amintore Fanfani e l’autostrada deviò.
E’ una storia vecchia: Siena è tagliata fuori dalle grandi comunicazioni ferroviarie, autostradali. I collegamenti sono fondamentali.
– Ci rifaremo con la stazione dell’Alta velocità.
Si sta discutendo molto su questo punto. Mi pare un derby. Credo che vada sottratta la soluzione alla politica e affidata ai tecnici. Facciano le loro valutazioni e stabiliscano la soluzione migliore dal punto di vista logistico. Non mi schiero con questa o quest’altra soluzione.
– Intanto i prezzi dei ristoranti, degli alberghi sono alle stelle.
Il nostro sistema economico vive momento particolare: si è registrato un costo dell’energia spropositato che ha spinto in alto i prezzi. Ci vuole equilibrio. Spetta alla classe dirigente, politica, trovare soluzioni per il bene della comunità.
– Quindi è d’accordo con Andrea Ceccherini, presidente dell’Osservatorio Giovani-Editori, che tempo fa ha accusato la classe politica di scarse capacità?
Le migliori risorse del Paese per anni si sono tenute lontane dalla politica. Ci vuole una vocazione. Le energie migliori si devono riavvicinare alla politica.





