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Senza pace non c’è libertà ma chi tiene insieme pace e libertà

Michele Serra su La Repubblica pone una domanda: Sei per la pace o per la libertà? In un continente che per ottant’anni ha goduto di entrambe, la domanda sembra illogica: perché mai dovrei scegliere? Eppure è questo finto bivio che blocca, soprattutto in Italia, il dibattito sul futuro dell’Europa: come se difendere la democrazia fosse un ostacolo alla pace, e cercare la pace un cedimento alle minacce autocratiche che da Est e da Ovest disprezzano l’Unione. La domanda è un ricatto: sembra dire che scegliere la libertà significhi alimentare la guerra, e scegliere la pace equivalga a svendere la democrazia e l’Ucraina. Il fatto che il campo progressista non riesca a fare dell’Europa una bandiera unitaria, né a dire con chiarezza che pace e libertà sono entrambe essenziali al progetto europeo, mostra quanto quel ricatto funzioni. Il dilemma tra riarmo e disarmo è una trappola: l’Europa è già armata, frutto della Guerra Fredda, ma con armi che non sono sue. Gli Stati Uniti hanno garantito per decenni la nostra sicurezza, ma è comprensibile che non vogliano farlo all’infinito. Il governo è diviso: una parte guarda a Trump (nella foto), una a Putin, solo Forza Italia si dice europeista. L’opposizione, anche tacendo, resta frammentata proprio su ciò che più conta: il futuro europeo. In molti chiedono di ripetere la manifestazione europeista del 15 marzo, dove pace e libertà convivevano. Ma oggi spetta alla politica organizzarla. L’opinione pubblica europeista esiste, esistono gli europei. Manca la rappresentanza capace di tenere insieme pace e libertà come un’unica speranza comune.

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